AMORVENO MARZAGALLI - residente a Omegna (NO)

AMORVENO MARZAGALLI (54 anni)

Ad Omegna, cittadina nell'estrema punta Nord del lago d'Orta, in provincia di Novara, vivono la moglie di Amorveno, Maria Soccini, e il figlio Marco, di 25 anni, studente di medicina.

Marco deve finire gli studi, e ci vorrà ancora qualche anno perché possa muovere i primi passi nella difficile professione del medico. Proprio il giorno prima della morte del suo papà, aveva richiesto il trasferimento dall'Università di Parma a quella di Milano: potrà così essere più vicino alla sua mamma. Sono rimasti solo loro due a Omegna; i parenti sono sparsi tra Milano e Crema.

Il venerdì prima della tragedia - racconta Marco - eravamo partiti tutti insieme per andare al Lido degli Estensi. Papà era rilassato, felice della prospettiva di godersi un periodo di riposo, lui che solitamente lavorava sedici ore al giorno in una ditta produttrice di macchine da caffè: era uno dei dirigenti. Quest'anno, prima di fermarsi con noi al mare, avrebbe dovuto raggiungere un suo fratello a Cremona per poi discendere con lui il Po, su una "pilotina". Da dieci anni lo zio lo invitava, ma papà aveva sempre rifiutato: aveva accettato quest'anno perché non se la sentiva di lasciare solo suo fratello, che era particolarmente rattristato per la morte della madre con la quale viveva. La nonna è morta in giugno".

"Sabato l'ho accompagnato alla stazione di Ravenna. Sarei voluto andare fino a Cremona con lui, ma non ho osato chiederlo perché sapevo che papà avrebbe preferito che restassi con la mamma. Erano vent'anni che non saliva su un treno: me l'ha detto proprio prima di partire. Era emozionato; gli sembrava di tornare ragazzo. Lo rivedo affacciato al finestrino, mentre con la mano mi accenna un saluto. Quando ho visto il telegiornale dell'una, sono sprofondato nell'angoscia. Il treno di papà partiva alle 11,05 dalla stazione di Bologna. Non potendo raggiungere telefonicamente lo zio, mi sono precipitato a Cremona. Insieme siamo corsi a Bologna. L'abbiamo visto quasi subito […] Era già stato identificato; la sua salma era contrassegnata dal numero 11.[…] Tuttora non so dove si trovava al momento dell'esplosione. Certamente, era lontano dal punto dove è stata messa la bomba. Sarebbe forse bastati venti metri a salvarlo".

La madre piange, mentre Marco racconta. Va a prendere il borsello del marito (è quasi intatto) e mi mostra il cappellino che gli aveva comprato il giorno prima della partenza, perché si proteggesse dal violento sole del Po. Ventisettenni di vita in comune, senza mai un giorno di lontananza, sono tanti per convincersi che un giorno assurdo, un fatto al di là di ogni possibile previsione ha portato via il compagno. Il 20 agosto avrebbero festeggiato l'anniversario di nozze.

Cit. Il Resto del Carlino