ABOLIZIONE DEL SEGRETO DI STATO PER DELITTI DI STRAGE E TERRORISMO

LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE PROPOSTA DALLA
"UNIONE FAMILIARI DELLE VITTIME PER STRAGI"


"ABOLIZIONE DEL SEGRETO DI STATO PER DELITTI DI STRAGE E TERRORISMO"


Piazza Fontana - Piazza della Loggia - Treno Italicus - Stazione di Bologna



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ARTICOLO UNICO:

" " Alla legge 24 ottobre 1977, n. 801, è aggiunto l'art. 15 bis, del seguente tenore:

" Il segreto di Stato non può essere opposto in alcuna forma nel corso dei procedimenti penali relativi:

a) - ai reati complessi per finalità di terrorismo o di evasione dell'ordine democratico;
b) - ai delitti di strage previsti dagli artt. 285 e 422 del codice penale"." "

RELAZIONE:

La proposta di legge intende attribuire alla magistratura la pienezza dei suoi poteri di indagine, di accertamento e di decisione nei processi penali concernenti i fatti criminosi maggiormente pericolosi per l'ordine democratico.

I servizi di sicurezza, istituiti e regolati dalla legge n. 801/77, sono organi che hanno il dovere di riferire non all'autorità giudiziaria ma a quella governativa.

L'art. 12 di tale legge stabilisce poi che sono coperti dal segreto di Stato "gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità della Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato ".

Il comma successivo stabilisce, però, che "in nessun caso possono essere oggetto del segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale".

Unico effettivo responsabile, per legge, della gestione del segreto politico è il Presidente del Consiglio dei Ministri. E' una responsabilità politica di fronte al Parlamento, molto carica di discrezionalità in quanto i confini del segreto di Stato sono ovviamente affidati alla valutazione, appunto, della massima autorità politica di governo; ed è una valutazione non ancorata a principi geometrici, ma alle contingenze, alle situazioni concrete, al contesto volta a volta diverso: per cui lo stesso fatto può talvolta apparire dannoso, se diffuso, e tal’altra innocuo; e talvolta eversivo, e tal'altra non eversivo.

Questa discrezionalità politica, prerogativa del vertice del potere esecutivo, irriducibile in precisi schemi giuridici definitori, è connaturata alla materia del segreto politico, all'istituto stesso del "segreto politico".


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L'esperienza vissuta dal nostro paese, da sempre, e con particolare frequenza negli ultimi decenni, ha però dimostrato che la prerogativa governativa nella gestione politica del segreto di Stato è entrata in conflitto con l'esercizio della funzione giurisdizionale in una serie di casi processuali originati da gravissimi delitti politici: casi, per lo più, tuttora irrisolti; e la mancata soluzione dei quali viene addebitata anche alla opposizione del segreto di Stato (o del suo equivalente nominale, antecedentemente alla Legge 801/77) di fronte alle richieste dell'autorità giudiziaria procedente.

La proposta di legge che presentiamo muove dalla necessità che il segreto di Stato non venga mai opposto alla magistratura, in nessuna fase del processo e in nessuna forma, quando si tratti dei reati compresi nelle due categorie indicate nell'articolo unico che la compone.

La premessa logica di questo assunto e di questa proposta è assolutamente semplice. I delitti, in ordine ai quali sarà inopponibile alla magistratura il segreto di Stato, appartengono tutti alla categoria dei "fatti eversivi dell'ordine costituzionale": quei fatti che, secondo la legge vigente, non possono essere oggetto di segreto.

Riteniamo, infatti, che non vi sia ormai possibilità di dubbio sulla capacità di ognuno di delitti cui si riferisce la proposta, di costituire potenziale evasione del sistema democratico. Accanto ai "classici" delitti di strage, questa connotazione compete anche ai delitti di terrorismo: all'uno ed all'altro il legislatore ha dedicato in questi ultimi tempi reiterata e preoccupata attenzione, imposta appunto dalla loro specifica pericolosità politica.

Nessuno degli interessi alla cui tutela è predisposto il segreto di Stato è superiore all'interesse che la giustizia proceda e che si raggiunga il massimo possibile di verità nelle indagini e nei processi relativi a questi reati; anzi, la potenzialità eversiva di essi fa sì che gli stessi interessi ai quali si riferisce il segreto di Stato ottengano la massima garanzia di tutela non dalla opposizione ma - al contrario - dalla non opposizione del segreto alla magistratura.

Nella situazione considerata, diventa dunque inammissibile la legittimità dì un filtro politico preventivo affidato al Presidente del Consiglio dei Ministri: il segreto coprirebbe fatti (inerenti ai delitti considerati in proposta) che per definizione sono eversivi dell'ordine costituzionale.


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Con la proposta dì legge si vuole eliminare radicalmente anche ogni questione concernente la valutazione della pertinenza processuale delle notizie, documenti ecc. richiesti dall'autorità giudiziaria procedente.

Vi sono state, infatti, occasioni in cui il segreto politico è stato opposto perché il suo depositario ha ritenuto la irrilevanza, ai fini di giustizia, dell'oggetto richiesto dall'autorità giudiziaria. E, nel difendere in tali casi l'opposizione del segreto, si è anche adoperato l'argomento che i meccanismi di controllo governativo-parlamentari previsti dalla legge 801/77 sul funzionamento e l'operato del servizi di sicurezza, e così pure la responsabilizzazione politica, al riguardo, del Presidente del Consiglio, costituiscono sufficiente garanzia che quanto viene taciuto all'autorità giudiziaria è sicuramente estraneo e indifferente alla ricerca processuale della verità.

Questo argomento non può essere condiviso, e non solo perché indimenticate esperienze dimostrano, al contrario, che esiste sempre la possibilità di sottrar-re alla giustizia, con l'opposizione del segreto, elementi di grande rilievo processuale. Va tenuto presente, infatti, che i meccanismi di controllo governativo - parlamentari previsti dalla, legge vigente funzionano pur sempre in un circuito "chiuso", controllato dall'autorità politica suprema nella migliore delle ipotesi, ma controllato - nella peggiore, non irreale ipotesi - dagli organi preposti ai servizi di sicurezza, i quali possono sottrarsi, di fatto, al controllo effettivo dello stesso Presidente del Consiglio: con la conseguenza, dunque, che i meccanismi dì controllo rischiano di girare a vuoto, in tutto o in parte, perché le informazioni in base alle quali vengono giustificate la irrilevanza processuale di quanto richiede l'autorità giudiziaria e la conseguente opposizione del segreto, possono essere carenti, incomplete e deformate. Neppure il comitato parlamentare contemplato dalla legge ha la possibilità di correggere, in relazione al caso concreto, l'eventuale vizio del circuito alla cui generale sorveglianza esso è preposto.

Vi è poi un'ulteriore ragione. Anche nella migliore delle ipotesi, anche a ritenere cioè che nessuna disfunzione, o peggio, sia intervenuta, non si, comprende come il Presidente del Consiglio, il Comitato interministeriale ed il Comitato parlamentare, siano in grado di farsi e di esprimere una fondata opinione circa la rilevanza - irrilevanza processuale di un segmento d'indagine che essi non possono che esaminare isolatamente dal contesto complessivo, il quale è conosciuto soltanto dall'autorità giudiziaria procedente.

A quest'ultima, dunque, e non ad altri organi o autorità, spetta di valutare ciò che serve e ciò che non serve ai fini di giustizia. Attribuire ad altri tale giudizio significa sovrapporre l'incompetenza alla competenza.

Infine, la difesa delle prerogative della giustizia affidate alla sola autorità giudiziaria, è imposta da una ragione d'indole ancor superiore al livello tecnico; una ragione questa sì, suprema.

Nei procedimenti penali relativi ai fatti che la stessa legislazione riconosce come i più pericolosi per il sistema democratico, e che troppo spesso hanno causato enormi lutti e determinato gravissime tensioni politiche, non è tollerabile che lo Stato si divida in due: da una parte la giustizia che con estrema fatica cerca la verità, dall'altra il governo che anche solo sembri nasconderla. E' intollerabile, infatti, anche il mero sospetto che mentre sulla scena la giustizia brancola nel buio, vi sia dietro le quinte un avversario parimenti istituzionale che la verità conosce ed impedisce legalmente di renderla nota.


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Infine, va sottolineato che la proposta precisa come il segreto di Stato, nella materia in oggetto, non possa essere opposto in alcuna forma: con ciò si fa riferimento, oltre alle norme della procedura penale in tema di sequestro e di esame testimoniali, anche ad ogni altro strumento processuale il cui uso possa implicare, comunque, la necessità di accedere agli "atti", ai "documenti" alle "notizie", alle "attività" e ad "ogni altra cosa" che secondo l'art. 12 della Legge 801/77 sono coperti dal segreto di Stato (e seguiteranno ad esserlo per tutto quanto non è considerato in questa proposta).



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NOTA BENE
La storia della proposta di legge dal 1984 al 2 Agosto 1990.

L'UNIONE dei familiari delle vittime per stragi» è stata, inizialmente, formata dai familiari delle vittime delle stragi di Piazza Fontana a Milano, di Piazza della Loggia a Brescia, del treno Italicus e della strage alla stazione di Bologna; successivamente si sono associati i familiari delle vittime della strage del rapido 904 e quelli del DC 9 di Ustica.

L'UNIONE è nata a Milano il 6.4.1983, ha sede in via Rivoli 4. Constatato che nei Tribunali., in tutti i processi relativi alle stragi, non si giungeva mai ad individuare i colpevoli ed a condannarli, visto che una delle cause che ostacolava i giudici nella ricerca della verità era il «segreto di Stato» che assicurava l'impunità ai colpevoli, considerata la ripetitività degli inumani delitti di strage, visto il totale disprezzo per il diritto alla vita sancito dall'art. 3 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non tenuto in alcun conto dagli organi dello Stato, i familiari delle vittime a causa i stragi ritennero necessario cercare di porre un freno alla libertà di uccidere impunemente persone innocenti sul suolo italiano.

Il giudice Marco Ramat comprese i nostri desideri e preparò il testo della proposta di legge di iniziativa popolare per l'abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo.

Presentammo la proposta alle segreterie di tutti i partiti e dei sindacati, tutti promisero di aiutarci.

Il 12 gennaio 1984 dopo aver predisposto quanto previsto dalla legge iniziammo la raccolta delle firme in varie città, raccolta che dopo sei mesi, precisamente il 12.7.1984 cessò.

Per presentare la proposta di legge servivano almeno 50.000 firme, con i nostri modesti mezzi ne raccogliemmo 94.186.

La consegna delle firme fu effettuata, al Senato, il 25 luglio 1984 nelle mani dell'on. Francesco Cossiga.

Anche in questa circostanza le belle parole e le promesse furono tante.

La proposta, che al momento della consegna aveva preso il n. 873, con la legislatura successiva assumeva il n. 1. Questa proposta sino ad oggi ha dormito nei cassetti del Senato.

La nostra curiosità ci ha spinto a cercare di capire le ragioni della resistenza passiva del Senato che mentre da una parte rassicura, dall'altra rinvia adducendo sempre nuove iniziative del Governo.

Abbiamo controllato il Regolamento del Senato il quale nella edizione dell'1.12.1988, precisa:

Art. 44

«Termini per la presentazione delle relazioni» «Le relazioni delle Commissioni sui disegni di legge assegnati... devono essere presentati nel termine massimo di due mesi dalla data di assegnazione...... »

Il nostro disegno di legge fu assegnato alla 1a e 2a Commissione il 26.7.1984.

Per quanto riguarda i rinvii a causa di nuove iniziative l'art. 51 spiega:

«2 - Quando il Governo informa l'Assemblea di voler presentare un proprio disegno di legge su una materia che sia oggetto di un disegno legge ... assegnato ad una Commissione, questa può differire o sospendere la discussione del disegno di legge fino alla presentazione del progetto governativo, ma comunque non più di un mese.»
Infine:

Art. 74

«Disegni di legge di iniziativa popolare e disegni di legge d'iniziativa dei Consigli regionali "... seguono la procedura normale..."

Le procedure previste dal Regolamento del Senato non consentono al Presidente del Senato di giustificare i sei anni di attesa con i rinvii richiesti dal Governo.

Anzi i familiari affermano che la strage del Rapido 904, avvenuta il 23 Dicembre 1984, si sarebbe potuta evitare se il Senato avesse rispettato il proprio regolamento. Il segreto di Stato è uno strumento della violenza e la violenza deve essere fermata subito.

Durante questi sei anni di attesa abbiamo fatto di tutto per sollecitare la discussione della nostra proposta di legge; abbiamo sollecitato senatori singoli, i loro gruppi, i Presidenti della 1a e della 2a Commissione, gli on. Bonifacio, Elia, Vassalli; abbiamo sollecitato i relatori; abbiamo fatto decine e decine di comunicati, di telegrammi, numerose conferenze stampa a Milano, Roma, Bologna; abbiamo manifestato davanti l'ingresso del Senato, abbiamo scritto tante lettere sia al Presidente che a tutti i senatori; tutte queste pressioni si sono concluse con parole di comprensione e assicurazione che hanno lasciato traccia solo negli archivi. Nello stesso tempo l'Unione ha fornito al Senato utili documenti a favore della approvazione della proposta.

Alla passività degli organi dello Stato ha fatto sempre riscontro la calda e generosa solidarietà della popolazione bolognese e di moltissime altre città.

Nel Parlamento in un anno sono state approvate due leggi a favore dei terroristi, in sei anni non si è trovato il tempo per esaminare una proposta di'legge di otto righe che va contro il terrorismo e che non pesa neanche una lira nel bilancio dello Stato. Questi risultati ci inducono a pensare che i senatori non abbiano alcuna volontà di eliminare il terrorismo delle stragi. A noi sembra che il Senato opponga una inconcepibile, ingiustificata, resistenza passiva.

Tenuto conto del comportamento del Senato siamo passati a vedere quanto questo sia giusto in rapporto alla nostra Carta Costituzionale.

Da un primo sommario esame sembra che il comportamento del Senato sia in contrasto con gli articoli 1. 50. 71.

Il 2° comma dell'articolo 1 dei «Principi fondamentali» della carta costituzionale prevede che: « La sovranità appartiene al popolo », la resistenza passiva del Senato ha contrastato, sino a questo momento, tale principio fondamentale.

L'articolo 50 prevede che: «Tutti i cittadini possono ... chiedere provvedimenti legislativi » questa facoltà è stata praticamente bloccata dalla resistenza passiva dei senatori.

Il 2° comma dell'articolo 71 prevede: «Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi mediante la proposta, da parte almeno di 50.000 elettori, di un progetto redatto in articoli », i senatori con la loro resistenza passiva hanno negato sino a questo momento tale diritto.

Inoltre non avendo dopo sei anni sottoposto al voto la proposta di legge i senatori non hanno rispettato il loro Regolamento, come previsto dal 1° comma dell'articolo 72.

Da un esame della situazione ci siamo resi conto che in nessuna legge è indicata l'autorità alla quale appellarsi in casi del genere.

Riteniamo che del problema, in primo luogo, ne debba essere interessata la Corte Costituzionale altrimenti non vediamo come possano essere tutelati i nostri diritti come previsto dal 1° e 2° comma dell'articolo 24 della Costituzione.

Se necessario ci appelleremo al capo dello Stato.

Il 13 luglio 1988 Paolo Barile con Ernesto Balducci" Franco Ferrarotti, Norberto Bobbio, Francesco Bonifacio, Antonio Giolitti, Pietro Ingrao e Stefano Rodotà hanno lanciato un appello agli attuali presidenti della Repubblica e del Senato, nel quale chiedono la cancellazione del segreto di Stato.

Dopo aver precisato che i processi per strage sono stati tutti fortemente condizionati dalla frequente opposizione del segreto di Stato chiedono che tale segreto sia cancellato in tutti i processi in corso in omaggio al principio secondo cui la verità sulle stragi appare come primario indeclinabile interesse della democrazia; essi rilevano anche che è intollerabile che la giustizia cerchi la verità e che il Governo la nasconda.

Gli autori dell'appello concludono con il segnalare ai Presidenti l'assoluto disinteresse politico e la completa mancanza di sensibilità umana da parte del Senato.

Anche a questo appello sono seguite belle parole e solo promesse.

Poiché nulla è valso a rimuovere la resistenza passiva del Senato, abbiamo ritenuto nostro dovere, l’11-1-1989, inoltrare al Presidente del Senato la seguente lettera:

«..........
Sono trascorsi quasi cinque anni ed assolutamente nulla di rilievo è stato fatto dal ramo del Parlamento da lei presieduto.
Ci consenta quindi, di esporle alcune considerazioni.
Sappiamo che l'articolo 77, comma secondo della Costituzione, non contempla alcuna "garanzia" per rendere effettivo l'esercizio del diritto, riconosciuto al popolo, di dare corso all'iniziativa legislativa.
Sappiamo che nessuna autorità esterna al Parlamento può imporre alla Camera dei Deputati o al Senato della Repubblica il rispetto del proprio regolamento interno in quanto la Carta Costituzionale attribuisce al Parlamento una posizione di organo supremo sul quale nessun organo dello Stato può interferire.

Il quesito che, tuttavia, noi ci siamo posti e che a lei rivolgiamo è se il Parlamento possa impunemente vanificare una proposta popolare avanzata ai sensi dell'articolo 71 della Costituzione.

È nostra opinione che non sia ammissibile che una iniziativa popolare possa essere totalmente frustrata come accade, appunto nel nostro caso, quando viene lasciata cadere senza alcun esame di riscontro né positivo né negativo.

Siamo convinti, e certamente lo è anche lei Signor Presidente, che l'iniziativa popolare rappresenta l'esercizio di un diritto costituzionale, attribuendo il quale la Costituzione riconosce l'esistenza, in capo al popolo, di un profilo di quella sovranità che al popolo appartiene in via originaria, articolo 1° comma secondo della Costituzione.

Vorremmo sottoporre alla sua attenzione l'ipotesi che possa profilarsi: “un conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato".

È indubbio che quando il popolo esercita l'iniziativa legislativa è un potere dello Stato, potere legislativo sia pure limitato alla fase propositiva, ed il Parlamento che è indiscutibilmente un, potere dello Stato verrebbe a confliggere con il primo nel momento in cui negasse l'esercizio effettivo di quel diritto rendendolo privo di contenuto.

Converrà che una iniziativa non seguita dall'iter di formazione della legge si risolve in una attività assolutamente inutile.

Alla stregua di tali considerazioni abbiamo ritenuto di doverle inviare una formale diffida affinché nella sua qualità provveda, in tempi congrui, a far si che l'iter legislativo della proposta di legge contro il terrorismo, da noi presentata, abbia una sua conclusione.

Pertanto, essendo già decorsi quasi cinque anni inutilmente dalla presentazione della proposta, le facciamo presente che qualora l'inerzia dovesse protrarsi ulteriormente, decorso il termine di tre mesi riterremo si sia integrato il rifiuto di dar corso alla proposta in violazione di quanto previsto dall'articolo 71 comma secondo della Costituzione.

Decorso inutilmente il termine saremo costretti a fare ricorso alla Corte Costituzionale ai sensi dell'articolo 134 seconda ipotesi della Costituzione. .... »

Dall'invio di questa lettera sono passati più di sei mesi.

Abbiamo iniziato la preparazione del ricorso alla Corte Costituzionale.


* * * *

Ma perché il Senato è stato tanto pervicacemente ostile al punto di farci ritenere che disprezzi la nostra proposta di legge e che disprezzando questa disprezzi l'articolo 71 della Costituzione e quindi disprezzi la Carta Costituzionale?

Secondo noi il Senato non vuol rispondere perché sa che una parte della indipendenza italiana è in mano ai vincitori della seconda guerra mondiale e sa che approvando la proposta di legge compirebbe un atto di indipendenza, che ai vincitori non piacerebbe, d'altro canto bocciando la proposta di legge il Senato teme di essere tacciato dagli italiani di scarso patriottismo.

Sono trascorsi molti anni dalla fine della guerra molte cose sono cambiate ed è giusto ed è tempo che gli italiani ritrovino la loro completa indipendenza anche al fine di impedire che nel proprio cielo, nel proprio mare, sulla propria terra vengano uccise persone innocenti.


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Mentre il presente opuscolo andava in stampa abbiamo avuto notizia che il Senato ha ripreso la discussione sulla proposta di legge per l'abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo.


Torquato Secci


Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage della Stazione di Bologna del 2 Agosto 1980
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